Tirato fuori dalla penna dei fratelli Wachowskj, il lungometraggio motoristico ispirato agli omonimi precedenti dell’animazione struttura una narrazione coinvolgente in riferimento alla tematica dell’unione familiare, contesto su cui si sorregge l’operato dei Racer, costruttori automobilistici con alle spalle l’ambizione del superamento dei limiti imposti dalla velocità e dei tempi di realizzazione di prototipi.
Talento naturale dell’automobilismo, Speed Racer (Emile Hirsch) sfoggia le sue abilità di corridore cavalcando le piste del campionato a bordo della sua Mach 5, autoassemblata per lui dal padre interpretato da John Godman e dal fido Sparky (Kick Gurry), a denotare una netta urgenza sentimentale tra i confini della famiglia, valore portato in pista insieme all’attitudine costruttiva e all’atteggiamento pacatamente temerario da pilota. Sorretto anche dalla madre interpretata da Susan Sarandon e da Trixie (Christina Ricci), il protagonista dovrà far i conti con l’assenza del fratello Rex (Scott Porter), ex prima guida della Racer Motors scomparso nel corso di una difficoltosa gara rally su cui il carattere interpretato da Hirsch riverserà tutto il suo malessere per la mancanza del suo più saldo punto di riferimento. Ad assicurare al diciottenne di casa Racer la partecipazione al 91° Grand Prix la sua profonda disponibilità nei confronti di Taejo Tokoghan (Rain), sceso in pista e portato sul podio dalle mentite spoglie della compagna di Speed. Ad arricchire il tessuto filmico l’ingente lavoro di computer grafica nel richiamo delle ambientazioni dell’originale, evidenziate dal disegno e dall’intersezione di fulcri geometrici intorno agli scintillanti circuiti attraversati con rigore e spettacolarità dal protagonista, intenzionato – in un certo senso – a scendere esclusivamente a patti con se stesso.