Ambientato nella Roma dei nostri giorni, il primo atto della trilogia omonima di Sydney Sibilia ci presenta una situazione quanto più attuale dell’Italia, quella del precariato e dei tagli nel settore dell’istruzione, attraverso il racconto romanzato di una possibile soluzione adottata da un gruppo di scienziati definiti “le migliori menti in circolazione” (cit.), ormai ai margini della società a causa del mercato e della necessità di reinventarsi. Interpretato da Edoardo Leo, il neurobiologo Pietro Zinni si vedrà, sottrattogli il rinnovo del contratto universitario, costretto ad escogitare un modo per tirare avanti. motivo per cui, scopertone il valore redditizio, deciderà di sintetizzare una nuova droga legale perché estratta da molecole non ancora presenti nell’elenco ministeriale delle sostanze stupefacenti.
Scoperto il potere redditizio del mercato delle droghe grazie a Maurizio (Guglielmo Poggi), l’audace professore metterà su una squadra di talenti della scienza per affrontare l’attuale situazione delle smart drugs, operazione, questa, curata nei minimi dettagli e volutamente professionalizzata mediante lo sviluppo chimico, l’intervento antropologico e lo studio del mercato, attività, queste, delegate ad esperti della materia e quindi ad Alberto Petrelli (Stefano Fresi), Andrea De Sanctis (Pietro Sermonti) e Bartolomeo Bonelli (Libero De Rienzo). A supportare il team guidato da Zinni i due latinisti di fama internazionale Mattia Algeri (Valerio Aprea) e Giorgio Sironi (Lorenzo Lavia), l’addetto ai ritrovamenti archeologici Arturo Frantini (Paolo Calabresi) trasporti e spostamenti di cui si farà capo Arturo Frantini (Paolo Calabresi) e quadro/sostenibilità finanziaria del matematico Bonelli (Libero De Rienzo). Esilarante la presentazione dei caratteri grazie ad una regia diversificata tra background e impiego attuale, partendo dal personaggio interpretato da Fresi, perspicace chimico computazionale costretto a lavorare come lavapiatti in un ristorante, quelli portati in pellicola da Aprea e Lavia, benzinai alle prese con un datore di lavoro cingalese e immersi in trattazioni linguistiche dal sapore antico/classicheggiante tra greco, latino e sanscrito, fino ad arrivare al contorno stilizzato di un trasgressivo Bonelli intento a contare le carte a poker per sbaragliare il lunario. Intenzionati a non cambiare tenore di vita per non destare sospetti, i protagonisti della storia saranno, invece, investiti da un business caratterizzato da un agguerrita concorrenza arrivando a calpestare il Murena (Neri Marcorè) e a subire il fascino del denaro e – in un certo senso – dell’illecito, situazioni fotografate in modo esemplare – come nel caso della scena clou della presa di consapevolezza – dall’attenta regia di Sibilia e dall’accurato montaggio evasivo e magnetico.