Prima visione assoluta per lo spazio Pop Icons di Rai Cultura, il documentario di Matt O’Casey, andato in onda ieri in prima serata sul quinto canale della Radiotelevisione Italiana, narra la storia del successo della band britannica, balzata – in seguito a ostacoli e difficoltà iniziali – in vetta alle classifiche e in primo piano nella musica mondiale e celebrata anche attraverso il recente lungometraggio di Bryan Singer Bohemian Rhapsody.
Parte integrante del documentario definitivo sulla storia dei Queen le fasi di preparazione dei concerti accompagnate da sequenze uniche del patrimonio artistico internazionale ritraenti, tra gli altri, estratti del concerto del 28 Febbraio 1981 a Buenos Aires, relative al The Game Tour tra Brasile e Argentina di esattamente trentotto anni fa. Distribuito già in home video con il titolo Queen – i re del rock, il docufilm del 2011 si configura quale testimonianza dell’assetto e della grandiosità della grande rock band di Freddie Mercury, indimenticato frontman doppiato da Stefano Sperduti nella versione trasmessa da Rai 5 e voce italiana di Rami Malek nel film da poker agli Oscar 2019. Significativa ricostruzione della carriera della band britannica e della sua anima vocale e non, Days of our lives si inserisce nella tradizione dei tributi italiani alle “maestà” della musica attraverso una carrellata di immagini d’archivio, interviste, filmati e soprattutto grazie alle testimonianze dirette di Brian May e Roger Taylor sull’onda di un’indimenticabile fase di condivisione di musica e vita. Inizialmente gruppo spalla dei Mott the Hopple, i Queen costituiscono la più grande band della storia, primato assicurato dal valore dei brani, dai temi delle canzoni, dalla corrispondenza delle melodie, dalla ricerca di coinvolgimento e soprattutto dalla presenza scenica di Freddie. Attraversando una pluralità di generi derivati dal rock e toccando anche la disco-music, i quattro leggendari musicisti sono autori di alcuni dei tesori della musica mondiale, tra cui la rivoluzionaria We will rock you, la cui genesi risponde all’esigenza di condivisione e coinvolgimento.