Ambientata nella Napoli ottocentesca, la commedia di Mario Mattoli pone in essere quelle prescrizioni cinematografiche date dal neorealismo e lo fa attraverso l’adattamento vivace e sprintoso dell’omonima commedia di Eduardo Scarpetta, messa in scena sul grande schermo dal principe della risata, protagonista di una narrazione storicistico-sentimentale che lascia intravedere la bontà del rapporto genitori-figli.
Coaffittuari di un’abitazione nei pressi della periferia partenopea, Felice (Totò) e Pasquale (Enzo Turco) saranno ammaliati da un profumo di nobiltà ma non tarderanno a riconsiderare la propria posizione in funzione del benessere delle proprie famiglie. Costretti a lavorare in piazza come scrivano e fotografo, i due protagonisti avvertiranno una sottile speranza di ergersi al di sopra di quella precaria situazione sociale grazie ad una stravagante proposta fattagli dal marchesino Eugenio (Franco Pastorino), quella di farsi passare per i suoi parenti nobili e conoscere don Gaetano (Gianni Cavalieri) prima di chiedere la mano di sua figlia Gemma (Sophia Loren). Una sceneggiata restituita con un linguaggio pittoresco e divertente, resa brillante dall’alchimia che Totò era solito creare con i suoi personaggi e con gli atri interpreti, brillando con una vena recitativa con cui padroneggiare la scena, tra – in questo caso – l’attualità della trattazione e la teatralità della personificazione di un personaggio ai margini, nato, però, per vestirsi della nobiltà. Eclatante, a tal proposito, l’episodio della voracità sopraggiunta alla vista degli spaghetti dopo la buona azione di Luigino (Carlo Croccolo), desideroso, intavolando un ricco banchetto, di coccolare la sua amata Pupella (Valeria Moriconi) e tornare a casa grazie all’aiuto della sorella mediatrice. Contesa tra l’amore del carattere interpretato da Pastorino e, inverosimilmente, la passione segreta del Marchese Ottavio Favetti (Giuseppe Porelli), la giovane interpretata dalla Loren dovrà far i conti con la verità, rivelando l’inganno e dichiarando il suo amore così da ricevere il benestare di padre e suocero. Divertente e colorita, la rappresentazione cinematografica della pièce teatrale di Scarpetta spicca per la scelta dei luoghi popolareggianti/signorili, per il sottofondo tematico amore-inganno-falsità-rivalsa, per la contrapposizione tra le due ambizioni sentimentali nobiliari-profane e soprattutto per l’interpretazione burlesca dei personaggi dallo spiccato savoir-faire dialogico e caricaturale.