Film sulla malavita che narra la storia di formazione criminale di uno dei loschi “re di Napoli” (cit.), tracciandone il profilo personale e intellettuale lungo un interesse di tipo storicistico-narrativo del regista. Uscita al cinema a Febbraio 2016 per la regia di Alessandro Piva, la pellicola trae ispirazione dall’omonimo libro di Luigi Alberto Cannavale e Giacomo Gensini, strutturandosi attorno al racconto della vita del collaboratore di giustizia Marcello Cavani (Francesco Scianna), ex boss della camorra le cui gesta sono riportate in modalità folk e decisamente accessibile a titolo informativo. A dar man forte a questa scelta narrativa anche la caratterizzazione della coinvolta ma disinteressata moglie Rosaria (Valentina Lodovini), decisa a tenere lontano dalla loro cerchia familiare i loschi giri dell’Alain Delon di Secondigliano.
Circoscrivendo il range temporale attorno agli anni del fenomeno Maradona, la sceneggiatura descrive la brama di controllo delle zone o delle fazioni di Napoli e, attraverso l’istituzione di una struttura organizzativa con ruoli distinti, anche al di fuori della Campania e dell’Italia. Allora uomo più ricco del capoluogo partenopeo, Cavani ha cercato di redimersi dal suo passato, contraddizione di cui il lungometraggio, sancito sulle orme tracciate da prodotti come Romanzo criminale e Gomorra, finisce verosimilmente per romanzare anche le motivazioni essenziali nel posto occupato dalla famiglia e soprattutto dalla caparbia donna interpretata dalla Lodovini. Caratterizzato da siparietti scenici giammai troppo lontani dal centro di Napoli, il film include anche la descrizione del malincuore casalingo del boss latitante e dell’intero Rione Monterosa guidato da Don Carmine (Gianfranco Gallo), schierando nel cast attori presi in prestito dalle popolari serie sopra citate. Lungometraggio di sicuro impatto e concepito a mo’ di sceneggiate teatrali entro le mura interne degli ambenti in rassegna, il prodotto CRC[1] di Giuseppe Gargiulo, girato nel 2013 tra Napoli e Barcellona con due anni di post-produzione, fornisce testimonianza del senso di giustizia di un Paese moderno, prendendo a pretesto la narrazione “fittizia” del sogno divenuto incubo di un ragazzo tra le aspirazioni borghesi e le sopraffazioni di un male della società.
[1] Compagnia Realizzazioni Cinetelevisive