Lungometraggio assai tenero e ben saldo su un linguaggio delicato, il film dell’inossidabile duo siciliano risulta costruito su un tratteggio tendenzialmente tradizionalista, spiccando per la scelta dell’ambientazione, dei costumi e soprattutto per il tema di fondo. Trattando l’aspetto originario della storia dell’umanità, i due registi dimostrano di saper affrontare fatti importanti in tonalità allegre, proponendo un viaggio che fa bene al cuore e che finisce per cambiare le loro vite come l’esistenza di tutti noi. Furfante il primo e sacerdote il secondo, i protagonisti del film uscito il 12 Dicembre dello scorso anno saranno catapultati nella Giudea all’anno zero, dando l’avvio ad una narrazione extra-temporale che permetterà loro di scoprire e confermare la propria fede.
Interpretando se stessi, Salvo e Valentino vivono un’esperienza che li metterà a contatto con la pura verità sul Salvatore, passando per l’incontro con Erode (Massimo Popolizio), le incomprensioni con Nicodemo (Massimo Cagnina), il contatto con la spontaneità e la fermezza di Rebecca (Roberta Maffei) e Isacco (Giacomo Mattia), la genuinità dello sguardo di tanti bambini, fino ad arrivare al conferimento del giusto valore alle situazioni della vita. Molti sono gli atti narrativi che intingono il tono del film di una leggerezza e una simpatia effervescenti, come nel caso dello schieramento dalla parte dei rivoltosi per “non perdere la mano”, sequenza, questa come tante altre, sicuramente realistica ma trattata con una maestria tale da renderla una messa in scena da ridere, elemento ulteriormente sottolineato dalle performance mimiche di Ficarra e dall’incredulità iniziale nel contesto di un “presepe troppo grande” (cit.). Elemento di fondo del film, l’innocenza dei più piccoli, fotografata anche negli occhi di una bimba che è presumibilmente immagine di una folgorazione, ripetuta ad incipit e ad epilogo del film quasi come collante del tessuto narrativo proposto. Strutturato su una poetica tenue ed accogliente, il prodotto cinematografico si arricchisce di una scelta contestuale storicistica di tipo raffinato, spiccando per le costruzioni architettoniche proprio come in un presepe e innescando la stessa consapevolezza che trasporta i personaggi a cavallo delle epoche per una produzione davvero trascinante, simbolo, innanzitutto, di un’intesa supercollaudata.