Prossimo al sessantasettesimo anniversario dall’uscita, il film di Mario Camerini si pone come indagine attorno a passioni e retroscena relativi ad una partita di calcio, in virtù del valore dello sport agonistico quale rappresentazione della tifoseria e della città stessa. Assestato lungo il filone del più famoso Cinque a zero di vent’anni prima, il lungometraggio non intende spingersi al di là della testimonianza farsesca del match contro il Milan, intervallandovi, senza dubbio, la definizione dei sentimenti e delle interiorità dei protagonisti.
Vittima dell’infatuazione per Mara (Cosetta Greco), il promettente centravanti Gino Bardi (Raf Vallone), emotivamente combattuto per le richieste della donna, dovrà scegliere tra l’amore e la gioia della sua tifoseria e l’opportunismo del personaggio femminile interpretato dalla Greco, in combutta con dei loschi scommettitori. Scritto, tra gli altri, da Dino Risi, il prodotto Rizzoli Film/Cineriz mette in scena l’attaccamento alla propria divisa e al proprio ruolo, manifestando il bisogno del protagonista di sentirsi amato dai suoi tifosi per divenire “immortale”. Questo, forse, il senso primario deducibile dalla sceneggiatura, il desiderio di sentir gridare il proprio nome fino alla fine, lo stesso concetto che potremmo circoscrivere attorno allo stesso Mastroianni, qui nei panni di uno dei compagni di squadra e reparto di Bardi, divenuto eroe indimenticato del cinema per questa e per altre centinaia di interpretazioni. Uscita il 30 dicembre del 1952, la pellicola in bianco e nero di Camerini riflette, in sostanza, il trasporto dei tifosi per uno degli sport più identificativi della nostra penisola e non solo, portandoci a riflettere sull’importanza del proprio compito e dei ruoli.