Disponibile da ieri sulla piattaforma di video stream (qui il link), il prodotto pone in analisi la personalità del musicista africano, costruendo un raffronto parallelo tra la sfera privata dell’uomo e quella pubblica del personaggio di Maître Gims, costruito – secondo le parole dello stesso Gims – con impegno e rigore, separando l’attività professionale da tutto il resto. Originario del Congo e all’attivo con 6 album in studio, Gandhi Djuna[1] ha costruito una carriera intorno all’evoluzione della musica rap ed hip hop, muovendo i suoi primi passi tra le fila del gruppo francese Sexion d’Assaut e lasciandosi investire dalla passione per artisti come Snoop Doog, 50 Cent, Eminem e Michael Jackson. Figlio di musicista e amante del mondo dello spettacolo, il musicista è stato il primo africano e il primo rapper ad esibirsi, a poco più di 31 anni dall’inaugurazione della struttura[2], allo Stade de France, epilogo a cui conduce il docu-film di Florent Bodin che, a rigor di un progetto, quello musicale, costruito nei minimi dettagli tra outfit, presenza scenica e innovazione, segue da vicino la superstar nell’anno che precede la sua performance del 28 Settembre 2019.
In vetta alle classifiche di tutto il Mondo, l’artista ha dalla sua la forza d’animo di un uomo disposto a seguire il suo destino e stravolgere l’industria dello spettacolo, spesso citata durante le scene principali del film in oggetto, dove, tra l’altro, viene resa anche un’indagine nella profondità del detentore di numerosi record, nella complicità con la moglie, nell’amore per i figli e nella sofferenza di doversi spesso separare da loro per i mesi di tour. Lungometraggio dietro le quinte, il film Netflix intende mettere in luce la disponibilità di Gims e ciò che sia lui che i musicisti in genere non lasciano trapelare, perché rapiti dallo show-business e disposti a tutto pur di restare sulla cresta dell’onda ed essere sempre vincitori. Proprio questa l’ambizione – lo rivelano la moglie e lo staff della star – che gli ha permesso di conquistare il pubblico e numerosi primati discografici o live allo stesso tempo, decidendo anche di far ritorno, nel 2017, nei luoghi della sua infanzia, a testimonianza della genuinità della sua persona. Particolareggiato da suggestive riprese in notturna e dei momenti live a quasi un anno dallo storico concerto di Saint-Denis, il documentario di Bodin non manca di rivelare taluni aneddoti della vita del protagonista, come quello relativo al suo segno distintivo degli occhiali scuri, nato dalla condivisione di un video che ne ha permesso, da allora, l’identificazione di “quello con gli occhiali” (cit.).
[1] Kinshasa, 06/05/1986 [2] cfr WIKIPEDIA