Distribuito da Netflix a Novembre 2019, il lungometraggio di Tarun Mansukhani si presenta come la risposta hindi al popolare franchise di -Fast and Furious-, diversificandosi da quest’ultimo per le ambientazioni ma molto meno per la sussistenza dei temi donne, malavita e motori. Riprendendo l’incipit adrenalinico e l’iniziale sequenza racing del secondo capitolo del sopracitato prodotto, il film focalizza la narrazione sulle ambizioni di ricchezza e prende quello delle auto solo come piccolo pretesto e soggetto narrativo in divenire verso un’esplosione di un mix di colpi di scena magnetici e funzionali che spesso lasciano con il fiato sospeso.
Sulle tracce di un criminale noto come il Re, la polizia indiana avrà a che fare con un gruppo di astuti ladri e assi del volante, i quali metteranno in scena dei pittoreschi piani, efficaci e studiati nei minimi dettagli nel portare in luce anche la sfiducia nei confronti delle istituzioni. A fondo del film una certa poetica di riflesso che intercorre tra i protagonisti principali, ognuno dei quali sembra servirsi dell’altro a proprio vantaggio con tanto di risvolti della medaglia, per un desiderio di rivalità e vendetta, da una parte, per dar conferma della propria superiorità, dall’altra. Tra le tematiche centrali della pellicola il bisogno di primeggiare sull’altro e la corruzione delle autorità, dando comunque risalto alle sequenze ritraenti, in stile videogame e pseudo-cartoon, corse, fughe e – specie sul finale – inseguimenti a tutto gas e a bordo di automobili fiammanti, catturate ad inizio film nella resa di un parco macchine notevole nell’ambiente delle corse clandestine, mentre nell’epilogo vi è una “sfilata in rosso” di Porsche, Lamborghini e Ferrari. Servendosi impropriamente della firma/nomea altrui e facendo ricadere i sospetti altrove, Samar (Sushant Singh Rajput) mette a segno dei colpi elaborati, destando l’interesse e il fastidio di Tara (Jacqueline Fernandez) e dei suoi alleati Bikki (Vikramjeet Virk) e Naina (Sapna Pabbi), i quali lo recluteranno per darlo poi in pasto alle forze dell’ordine, il tutto in un discorso apparenza-verità condotto “al limite”. Abile nella manipolazione psicologica, il protagonista interpretato da Rajput sarà in realtà l’artefice di un gioco raffinato atto a portare allo scoperto il famigerato criminale, rivelandone l’identità e mettendolo con le spalle al muro nell’exploit conclusivo, momento scenico, questo, caratterizzato dall’eleganza dei costumi e – come da piano – dalla locazione della banca di Londra, proprio dinnanzi ad un caveau che potrebbe rappresentare sia la congiunzione che la separazione delle “forze”.