Da ieri in sala, il sequel dello spin-off della saga di Rocky si sviluppa attorno all’immagine di un doloroso ritorno alle origini che sembra non voler abbandonare i protagonisti della storia. Raggiunto l’ambito titolo della boxe mondiale, il giovane Adonis Creed (Michael B. Jordan) dovrà presto scendere a patti con il peso del proprio nome e tentare di riscrivere la storia (cit.) facendo leva sulla sua rabbia e affidandosi al suo orgoglio nell’incrociare i guantoni con Viktor Drago (Florian Munteanu), figlio del pugile responsabile della morte del padre. Basato su personaggi creati da Sylvester Stallone, il film restituisce l’immagine del coraggio e della voglia di rialzarsi per non arrendersi lanciando – tra l’altro – non pochi messaggi motivazionali attraverso un duro allenamento fisico e mentale e il monito a lottare unicamente per se stessi.
Intento a prendersi cura del ragazzo, Rocky Balboa (Sylvester Stallone) dovrà confrontarsi con gli scheletri del suo passato, descrivendo comportamenti e premure intorno ai valori cui ci ha abituati il suo personaggio. Allenato dal padre Ivan (Dolph Lundgren), il pugile ucraino salirà sul ring con tutta la sua avidità e il suo odio verso il prossimo, tentando di portare il titolo nella patria del genitore per compiacere, inoltre, la donna interpretata da Brigitte Nielsen nei panni di Ludmila Vobet. Tra i personaggi del film anche Tessa Thompson alias Bianca e Phylicia Rashad/Mary Anne, rispettivamente moglie e madre del carattere interpretato da Johnson e sue vere leve motivazionali. Alla base del film gli aspri momenti di intenso training di Adonis e del suo antagonista, il primo portato dal mentore interpretato da Stallone lontano dalle comodità di città e palestra e il secondo seguito dal nemico numero 1 di Rocky nella sollecitazione di muscoli e resistenza verso una maggior forza d’urto. Collegato al quarto episodio della saga dello Stallone Italiano Rocky IV, il film risalta per i toni drammatici e di tipo action sullo sfondo e per una regia fresca e schietta, misurata nell’uso di inquadrature o piani sequenza magnetici sulla fisicità dei due avversari. Diretto da Steven Caple Jr. e strutturato quasi interamente sullo scontro – o meglio – sugli scontri tra il protagonista e il carattere interpretato da Munteanu, il lungometraggio si arricchisce del valore della responsabilità di Adonis verso la famiglia e della tutela di Rocky nei confronti del figlio del suo più grande amico nell’ottica di una figura paterna. Tematica, quella del ruolo guida del padre, ampiamente in luce nel prodotto in questione, in cui è possibile trovare – da una parte – l’esplicazione del rapporto padre-figlio sia tra Ivan e Viktor che tra Rocky e Robert (Milo Ventimiglia) in epilogo, fino ad arrivare a quello tra Adonis e Apollo, legame, questo, artefice della storia e dell’intera produzione cinematografica.