ABBI FEDE – la commedia nera e grottesca di Giorgio Pasotti

///ABBI FEDE – la commedia nera e grottesca di Giorgio Pasotti

ABBI FEDE – la commedia nera e grottesca di Giorgio Pasotti

Arrivato ieri in streaming su Raiplay per il quarto e ultimo appuntamento della prima tranche dell’iniziativa -Rai con il Cinema italiano-, il nuovo film di Giorgio Pasotti trae ispirazione dal lungometraggio danese Le mele di Adamo e si sviluppa intorno alla tematica del reinserimento sociale. Parroco di una comunità del nordest italiano, Don Ivan (Giorgio Pasotti) gestisce una comunità di recupero in una valle sperduta tra le montagne dell’Alto Adige, accogliendo ospiti dal passato efferato e affrontando la vita con uno spesso sconsiderato ottimismo positivista in virtù di una evidente negazione della realtà.

Convinto che il Bene abbia sempre la meglio sul Male e che tutto ciò che accade sia una prova della sua rettitudine e dell’altrui moralità, il carattere interpretato dal regista sarà messo spalle al muro dall’arrivo di Adamo (Claudio Amendola), un burbero neo fascista con tanto di croce celtica tatuata sulla nuca. Con la testa rasata e un volto privo – almeno inizialmente – di ogni emozione, l’attore romano regala alla seconda prova registica[1] di Pasotti uno slancio interpretativo tale da instaurare un discorso tendenzialmente dark nel tessuto grottesco proposto dalla pellicola, in cui l’intreccio narrativo si risolverà pienamente soltanto nel finale, lasciando poco spazio all’immaginazione e proponendo una chiave di lettura prefissata attorno al percorso da compiere per giungere alla considerazione della pienezza della vita. Definita, per larga parte del film, all’interno di confini spiazzanti, la sfera esperienziale raggiunge il suo valore più elevato nel rapportarsi ad essa e nel modo in cui la si affronta, considerazione a cui anche l’impassibile uomo interpretato da Amendola potrà arrivare frequentando Gustav (Robert Palafrander), Sara (Gerti Drassi), Khalid (Aram Kian) e in particolare confrontandosi con la verità svelatagli dal dottor Catalano (Roberto Nobile). Black-comedy di impatto, il lungometraggio in co-produzione italiana/austriaca propone una visione speranzosa in riferimento al cambiamento umano, presentandosi con un linguaggio accessibile e coinvolgente, una regia esaustiva e una scrittura decisamente impegnata a cui interfacciarsi con la giusta cognizione di causa.


[1] Il primo film dell’artista bergamasco è Io, Arlecchino del 2015, co-scritto insieme a Matteo Bini

By | 2020-06-12T15:43:24+02:00 Giugno 12th, 2020|Cinema, Recensioni|0 Comments

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