Entrata di diritto nel patrimonio dell’umanità, quella di Albero Sordi è da considerare a tutti gli effetti la rappresentazione culturale ed artistica di una parte della Nostra Penisola, quella raccontata attraverso la messa in atto di un’indimenticabile lavoro di caratterizzazione a cavallo dei tempi. Figlio prediletto della Città Eterna, il compianto attore italiano ha costruito tutta la sua carriera attorno alla rivendicazione delle proprie origini dando voce, inoltre, a diverse tematiche profonde, come nel caso di quella del rapporto padre/figlio.
Orfana dell’artista da 17 anni, Roma si é sempre rivelata pretesto per raccontare modi di vivere e di pensare mediante un linguaggio identificativo dell’Italia, sia esso il latino o il romanesco, entrambi mezzi per elevarsi al di sopra di quel confine tra arte e individuo, tra folklore e popolazione. Uscito il 18 Dicembre del 1982 per la regia dello stesso Sordi, il film In viaggio con papà intende raccontare, appunto, il resoconto familiare tra Armando (Alberto Sordi) e Cristiano (Carlo Verdone) nel contesto di una vacanza condivisa alla volta della Corsica. Rimasto a piedi a causa della partenza improvvisa del camper di Billy (Nargi Newton) e del professore (Gabriele Torrei), il giovane Cristiano avrà l’occasione di passare del tempo con suo padre e conoscerlo meglio, interrogandosi così sul senso della famiglia e della vita. Praticamente estranei tra loro, i due protagonisti saranno in grado di capire l’uno le esigenze dell’altro portando sempre a mente il disegno di un affetto ineguagliabile, come quello tra genitori e figli, talvolta burrascoso ma alla fine emblema di un rapporto sincero e vero. Nulla potranno, in effetti, i fraintendimenti e i malesseri vissuti per via della mancanza di comprensione, da tener presente solo in funzione di un rispetto reciproco da alimentare costantemente. Coautore della sceneggiatura, Verdone riesce a costruire una furbesca interpretazione apprendendo in modo quasi elegiaco dal talento dell’indimenticato Sordi, padre e maestro di un’arte giammai messa a tacere, fatta di sorrisi gratuiti e spontaneità in virtù della necessità di leggerezza. Condividendo – oltre che i natali comuni – anche l’amore per la Capitale e per tutti i suoi particolari, i due attori romani fungono da portavoce per l’arte italiana e nella fattispecie di un discorso nazionale volto al riconoscimento del valore della culla italiana del Cinema, lì dove sono passati, tra gli altri, Fellini, Visconti e Sorrentino, a decantare l’amore per la Settima Arte e per un luogo di culto come Roma.