Primo sequel dell’avventura folk dei ricercatori interpretati da Edoardo Leo e company, il secondo lungometraggio della serie omonima, sempre produzione Fandango e Rai Cinema, si arricchisce di voci rispetto al capitolo precedente, schierando nel cast anche Giampaolo Morelli e Marco Bonini, tra gli altri. Uscito in sala il 2 Febbraio 2017 per una nuova scoppiettante regia di Sydney Sibilia, il film si apre con un flashback al momento dell’intercettazione di Alberto (Stefano Fresi) a causa di un incidente a bordo di una Porshe, noleggiata in preda alle manie di grandezza e agli effetti psicotici.
Finito dietro le sbarre ed intenzionato a patteggiare per smacchiare il nome dei “complici”, Pietro Zinni (Edoardo Leo) non si lascerà scappare la seconda occasione per redimersi da quanto fatto nel mercato psicotropo un anno e mezzo prima, trovare, cioè, le smart drugs ancora legali e segnalare le nuove molecole al ministero in modo da bloccarne la produzione. A fornire la possibilità di redenzione al neurobiologo protagonista della storia è l’ispettore capo Coletti (Greta Scarano) dell’antidroga, facendo leva sul bisogno di Zinni di veder nascere e crescere il figlio e tornare da Giulia (Valeria Solarino). Garantendo la libertà e la fedina penale pulita ai protagonisti, l’ambiziosa donna interpretata dalla Scarano investirà il team di Zinni della nuova speranza di sentirsi utili e tornare alle proprie mansioni, un bisogno, questo, considerato insindacabile e derivato dallo stress per le attività di recupero a cui sarebbero sottoposti. Prodotto cinematografico esuberante, il nuovo caso della settima arte italiana si conferma – anche in questo sequel – una trovata brillante, divertente e colorita, tratti particolareggiati dall’attenzione del regista all’attualità e alle situazioni umane della modernità. Scansione del variegato livello interpretativo costituita dalla differenziazione caratteriale di un estremamente permaloso Bartolomeo (Libero De Rienzo), in combutta con un talvolta escluso Arturo (Paolo Calabresi), messi in relazione grazie ad una forviante scenografia compensativa circa la fuga dalla polizia e il dialogo con Pietro nel poligono di tiro. Sullo sfondo del film anche la tematica della fuga di cervelli o dei cervelli in fuga (cit.), inserita a controbilanciare il rapporto di un certo grado di appartenenza alla società italiana, riferimento segnalato dalla digressione di cui è protagonista l’anatomista Giulio (Marco Bonini), recuperato, così come Lucio (Giampaolo Morelli), fuori dall’Europa e portato nella città capitolina. Strutturato sullo stacco intellettuale ormai vigente a Roma, Smetto quando voglio-Masterclass risalta anche per alcune sequenze facenti parte della sceneggiatura, come le loquaci interazioni dialettiche in romanesco o quella della prassi aziendale di non assumere i laureati, momento narrativo particolareggiato da una fotografia spiazzante con Andrea (Pietro Sermonti) e il suo datore di lavoro.