Arrivato nelle sale cinematografiche italiane il 3 Marzo 2016, il secondo atto del franchise inaugurato nel 2013 con l’episodio Olympus has fallen sposa le stesse tematiche del precedente capitolo, trasferendo la narrazione da Whashington a Londra nel contesto dei funerali di Stato di James Wilson presso la Cattedrale di St. Paul. Sequel allestito sulla scia del successo del precedente lungometraggio della saga, Attacco al potere – London has fallen pone alla ribalta un similare assetto narrativo in riferimento alla tematica del terrorismo, portata, questa volta, al di là dei confini americani.
Centrale, anche questa volta, la figura del carattere interpretato dal Premio Oscar Morgan Freeman nei panni del vice presidente Trumbull, deputato alla guida del Paese durante l’assenza del Presidente Asher (Aaron Eckhart) e alla ricerca di una soluzione per sventare la minaccia di una guerra in arrivo ad opera dell’armaiolo Kamran (Waleed Zuaiter) e della famiglia yemenita Barkawi. Montaggio meno sofisticato rispetto al capitolo precedente e ad Attacco al potere 3, presumibilmente per via dell’impostazione logistica differente e di una diversa attenzione ai dettagli e alle ambientazioni. A fornire supporto al carattere interpretato da Eckhart sarà, nuovamente, il carismatico Mike Benning (Gerard Butler), qui alle prese con la messa in atto di una strategia di protezione e risoluzione, facendo leva sulle sue conoscenze all’MI6 e sulle sue abilità al grilletto, tanto da garantire al suo “protetto” una sicurezza legittima e indissolubile. Proprio qui una delle stratificazioni argomentative del film, lo sviluppo, cioè, di un rapporto a tratti interpersonale tra il protagonista e il Presidente degli Stati Uniti, intervallando sequenze leggere e tendenzialmente ironiche nel soggetto cinematografico di un film costituito da un suggestivo – anche se meno sofisticato rispetto al capitolo precedente – montaggio. Ritratto esplicativo della natura dello stratega Benning e dell’esperienza di collaborazione con il tenente Davis (Bryan Larkin), il lungometraggio di Babak Najafi definisce i caratteri costitutivi della produzione G-BASE, quali la strategia e la condivisione, punti posti accanto all’azione di fondo, al dramma e ai respiri ironici conferiti alla sceneggiatura.