Dal 10 Luglio in sala per la regia di Jon Watts, il lungometraggio Spider-man: far from home pone in risalto la natura inizialmente fanciullesca del protagonista, l’adolescente Peter Parker (Tom Holland), messo davanti alla necessità di prendere posizione nei confronti del progetto Avengers. Ingaggiato da Nick Fury (Samuel L. Jackson) per combattere l’ultimo degli Elementari, il sedicenne del Queens interpreta la maturazione del suo carattere da un amichevole spider-man di quartiere (cit.) ad eroe destinato – almeno secondo le volontà del mentore del progetto – a guidare i vendicatori dopo gli eventi narrati in Avengers: endgame.
Partito alla volta dell’Europa per un viaggio di istruzione, il carattere interpretato da Holland sarà costretto ad indossare la sua tuta e a sfoderare le sue ragnatele per contrastare una minaccia verso i suoi amici e verso il mondo intero. Una narrazione, quella condotta tra focus sui paesaggi e studio dei rapporti personali, dislocata tra le città europee di Venezia, Berlino e Praga, a definire l’essenza di un road-movie a bordo di aereo e bus, tra campagne e trafficati ponti delle città. Inizialmente al fianco dell’impostore Quentin Beck (Jake Gyllenhaal), Parker sarà chiamato a fronteggiare una minaccia illusionistica all’interno di un universo parallelo fatto di luci, colori, finzione e computer grafica, il tutto corredato da musiche significative. Primo tra tutti lo stesso motivetto che ha contrassegnato l’avvio dell’universo Avengers con Iron man del 2008, conciliando le fasi di preparazione del nuovo costume dell’uomo ragno con quelle di elaborazione dell’armatura dell’eroe interpretato da Robert Downey Jr, entrambi momenti narrativi, questi, a bordo del jet guidato – sia nel lungometraggio del 2008 che in Far from home – dall’inossidabile Jon Favreau alias Happy Hoogan. Molteplici i punti di contatto con il suddetto primo film degli Avengers e con lo stesso carismatico interprete del filantropo eroe miliardario Tony Stark, omaggiato sin dall’inizio del film attualmente in sala anche mediante richiami pubblicitari, scene o sequenze, intenzioni e soprattutto attraverso la partecipazione di Favreau, regista del primo film e interprete dell’inossidabile assistente di Tony, vittima delle gemme dell’infinito e suo più caro amico (cit.). Nel ruolo di falso buono rivelatosi guidato dalla brama di controllo, Gyllenhaal mette in mostra la natura avida e vendicativa del suo personaggio Mysterio e ancor di più la sua preparazione scientifica in termini grafici, illusionistici e informatici, il tutto in riferimento alla finzione costruita tra la creazione fake di universi paralleli e l’assemblaggio registico fantascientifico e imponente, come da tradizione Marvel.