Secondo film della trilogia avviata da Tom Shadyac nel 1994, Ace Ventura –Missione Africa segue gli eventi del precedente trasferendo l’ambientazione da Miami al Tibet, luogo in cui sembra essersi rifugiato lo strampalato acchiappa-animali in seguito ad uno shock professionale, elemento scandito dall’iniziale sequenza posta ad apertura nel riferimento alla pellicola Cliffhanger interpretata da Sylvester Stallone.
Raggiunto da Fulton Greenwall (Iam McNeice) in un monastero tibetano, lo stravagante investigatore sui generis interpretato da Jim Carrey sarà richiamato in servizio per il ritrovamento dell’animale sacro della tribù dei Kakati al fine di evitare lo scontro di questi ultimi con i vicini Wachootoo. Nutrendo da subito sospetti sul proprietario del safari park Burton Quinn (Bob Gunton), Ace sfoggerà un ricco repertorio di travestimenti, immedesimazioni e quant’altro per infiltrarsi all’interno del parco zoologico, compito, questo, affine alle sue capacità investigative grazie a doti simil – animalesche. Allestito con un livello travolgente e spassoso di fondo, il prodotto cinematografico riflette una particolare attenzione al gioco di luci e alle descrizioni paesaggistiche, il tutto bilanciato nel contesto di una storia investigativa accanto ai livelli marcatamente comici, dall’esilarante momento relativo alla scoperta della natura dell’esemplare da recuperare allo svolgimento poco ortodosso delle indagini. Alla base de lungometraggio di Steve Oedekerk l’attrito palpabile tra Ace e il console Cadby (Simon Callow), tematica posta in relazione al livello comico dell’ingresso e ancor più dell’uscita nella proprietà del magnate dell’integrazione tra popoli. Tra le altre scene clou della vicenda quella relativa alle relazioni tra il protagonista e la tribù dei Kakati, specie nei dialoghi con la principessa promessa sposa interpretata da Sophie Okonedo.