Basato sulla serie di romanzi scritti da Pamela Lyndon Travers, il prodotto targato Walt Disney si rivela un successo di colore, animazione e musica, qualità, queste, arricchite da una travolgente interpretazione dei personaggi centrali a fronte di una pellicola costruita su travolgenti dialoghi in musica. Alla ricerca di una nuova tata per badare ai figli Michael e Jane, i coniugi Banks si imbatteranno nella tanto stravagante quanto distinta Mary Poppins (Julie Andrews), supertata ligia al dovere da subito protagonista di un’irriverente inversione di ruoli nei confronti del padrone di casa.
Interpretata dall’allora debuttante Julie Andrews, la donna riuscirà a riportare – grazie ad una spiccatamente contagiosa voglia di vivere – un pizzico di vivacità nella troppo silenziosa casa Banks attraverso un metodo di educazione fatto di scoperta e gioco, valori fondanti delle esperienze del “tè in volo” o del “tuffo artistico” nel quadro di Bert (Dick Van Dyke). Vecchia conoscenza della Poppins, il tuttofare interpretato dall’attore statunitense sarà artefice di strampalati disegni spassosi e paralleli centrali nella sceneggiatura di Bill Walsh e Don Da Gradi. Scesa dalle nuvole a bordo del suo ombrello parlante, la donna porterà dalla sua il consenso di George Banks (David Tomlinson) e della moglie Winifried (Glynis Johns), aprendosi, così, la strada senza temere rivali. Aggiudicatasi anche l’Oscar alla miglior attrice protagonista per la pellicola disneyana in oggetto, la Andrews caratterizza il suo personaggio di tratteggi folk e tonalità magnetiche in virtù di un modo di fare accattivante e fascinoso nei confronti della meraviglia dei piccoli Banks. Stimolando la loro fantasia e la rispettiva sete di scoperta, gli eventi magici al centro della pellicola risaltano su grande e piccolo schermo per il grande impatto scenografico su un pubblico multi-generazionale e per l’apporto di effetti speciali al passo con i tempi. Scelto nel 2013 per essere conservato nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti d’America, il lungometraggio di Robert Stevenson, uscito nell’Agosto del 1964 in America e ad Ottobre del 1965 in Italia, attraversa la linea di confine tra il fantastico e la realtà attraverso l’accostamento sulla stessa scena di elementi del cinema di animazione e di quello della commedia inglese dai tratteggi folk, il tutto supportato da una colonna sonora da Oscar.