Un film familiarista dal tessuto action che attraversa, in un certo senso, l’intimità di un uomo alle prese con il salvataggio dei suoi cari, bloccati da un incendio sul grattacielo più alto del mondo, situato al centro di Hong Kong. Incaricato di occuparsi della sicurezza della magnificente costruzione nella serata d’inaugurazione, il veterano di guerra e agente dell’FBI Will Sawyer (Dwayne Johnson) dovrà mettere da parte le vecchie “ferite” e servirsene per salvare la sua famiglia.
Intrappolati al 96° piano del grattacielo, la moglie Sarah (Neve Campbell) e i due figli faranno affidamento sulla tenacia dell’uomo, offrendo così la caratterizzazione del valore dell’unione familiare e della protezione del capofamiglia. Ingiustamente accusato dell’incendio e braccato dalla polizia cinese, il protagonista del film dovrà, inoltre, riabilitare il suo nome e trovare i veri colpevoli, fornendo, quindi, l’immagine di garante della giustizia e non più solo della sicurezza. Una sorta di missione impossibile, quella di Will, costretto a restare sospeso dalla cima del grattacielo e a gettarsi da una gru, sequenze esaltanti, queste, inserite, presumibilmente, a supporto del tema catastrofico del film. Eroe dai poteri sovrumani offerti esclusivamente dalla sua fisicità, Johnson interpreta un padre di famiglia disposto a tutto pur di tutelare la propria moglie e i propri figli, non curandosi dei pericoli e dei rischi annessi ma facendo affidamento sulle nobili intenzioni. Diretto da Rawson Marshall Thurber e uscito in sala il 19 Luglio, il lungometraggio si struttura principalmente attorno alla verticalità del protagonista, il cui ruolo di oppositore alle catastrofi, come succedeva in San Andreas, nonché di tutore della famiglia sembra calzargli a pennello, a fronte del precedente approfondimento tematico nei recenti episodi di Fast and Furious.