Andata in onda ieri in prima serata su Rai 2, la prima puntata della nuova serie dei Manetti Bros si sviluppa sugli ormai assoldati temi della produzione televisiva.Un ritorno in grande stile, quello dell’ispettore Coliandro (Giampaolo Morelli), il quale, forte di una vena avvincente e a tratti noir, non manca di coinvolgere gli spettatori attraverso – come avveniva anche precedentemente –uno spirito impacciato e spregiudicato nel contesto action/grottesco di fondo.
Delegato nuovamente ad indagini minori, il protagonista nutre il desiderio di mettere in luce le sue capacità di fronte ai più fortunati colleghi (cit.), motivo, questo, per il quale sguinzaglierà il suo spirito investigativo nei confronti di Kayo (Eugenia Tempesta), una street artist dedita a realizzare un murales per il dottorato in Storia dell’arte. Confuse le intenzioni della ragazza giapponese e scagliatosi perfino contro l’Assessore alla Cultura, l’ispettore del commissariato di Bologna fornisce conferma di una certa natura maldestra e goffa suscitando divertimento ed ironia attorno ad azioni impacciate ed interpretazione coinvolgente del testo di Carlo Lucarelli. Costruita, quindi, sui punti di forza del prodotto televisivo, la puntata iniziale della settima stagione conferma le particolarità investigative dell’ispettore e della squadra guidata da Gambero (Paolo Sassanelli) in rispondenza all’esilarante incontro con la cultura giapponese di Kenzaburo (Tayo Yamanouchi), fratello della co-protagonista di questo primo episodio, venuto in Italia per proteggere vita e onore della donna, testimone oculare di un omicidio braccata dalla criminalità organizzata. Tematica di fondo l’imbattersi in situazioni ambigue del carattere interpretato da Morelli, il quale sembra vada a cercarsele finendo nei guai quasi sempre per via di una donna, qui interpretata egregiamente dalla Tempesta nella caratterizzazione dell’artista giapponese, segnalando, inoltre, un arguto lavoro di trucco e regia nella preparazione dei personaggi e nell’allestimento del set. Coinvolto dall’istinto protettivo nei confronti della giovane studentessa, Coliandro dovrà misurare le sue poco gratificate abilità con la mafia giapponese Yakuza e con un gruppo di criminali locali guidati dall’ingegnere Bertoni interpretato da Francesco Pannofino. Frutto di una regia particolareggiata tra primi piani e sequenze simbolo di un cinema ricercato, evidenti nei rallenty descrittivi, ad esempio, il ritorno di Coliandro sul piccolo schermo convince ed emoziona anche in virtù dei molteplici riferimenti presenti.